Maternità

Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio. In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo, l’astensione dal lavoro spetta al padre (congedo di paternità). Il diritto al congedo e alla relativa indennità sono previsti anche in caso di adozione o affidamento di minori.

L’obbligatorietà del congedo per le lavoratrici dipendenti è sancita dal Testo Unico sulla maternità e paternità che vieta ai datori di lavoro di adibire le donne al lavoro durante il periodo di congedo di maternità.

Dal 14 giugno 2017, data di entrata in vigore della legge 22 maggio 2017, n. 81, il congedo di maternità non è più obbligatorio per le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata. La relativa indennità, pertanto, sarà riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa. Il congedo di maternità inizia due mesi prima la data presunta del parto.

Dopo quest’ultimo il congedo dura:

 

  • Tre mesi (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta ed effettiva;
  • Tre mesi più i giorni non goduti, se il parto è anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce).

In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia. Durante i periodi di congedo di maternità (o paternità) la lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità, quindi, solitamente, l’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo.

 

Presentazione della Domanda di Congedo di Maternità

Dallo scorso anno è possibile, per le madri è possibile scegliere di astenersi dal lavoro a partire dal giorno del parto, per i cinque mesi successivi. In questo caso, la presentazione della domanda di congedo di maternità dovrà essere integrata con un certificato medico (rilasciato da un ginecologo ASL e dal medico competente aziendale) che attesti l’evoluzione fisiologica della gravidanza.

Verrà così certificato che la madre è in grado di continuare a svolgere la sua attività lavorativa fino al giorno del parto, e che la mansione è idonea e sicura per la salute della gestante e del nascituro.